ANALISI DELLA MARCIA FUNEBRE “TRISTEZZE” di Giacomo Lacerenza. Un ultimo approfondimento musicale dedicato alle colonne sonore della Settimana Santa pugliese

by Mimmo

Un’ultima analisi musicale, per il periodo della Settimana Santa, la dedichiamo alla marcia funebre “Tristezze” di Giacomo Lacerenza (1885-1952). L’autore nacque a Trinitapoli, oggi centro del “basso tavoliere” di 13.600 abitanti in provincia di Barletta-Andria-Trani (Bat), fu considerato un bambino prodigio poichè a soli 10 anni divenne prima tromba della banda di Trinitapoli. Nel 1906 all’età di 21 anni fu vincitore di un concorso per tromba e venne premiato con diploma e medaglia d’onore  personalmente dal Re Vittorio Emanuele III a Milano. Le cronache milanesi dell’epoca lo definirono “una squisita tromba”. Nel 1914 si diplomò presso la Regia Accademia Filarmonica di Bologna, una delle più alte istituzioni musicali europee. Nel 1927 e per 4 anni diresse la Banda Municipale di Montemesola (Taranto), in seguito salì sul podio di quelle di Laterza (Taranto),  Trinitapoli e San Paolo Di Civitate (Foggia). Ha composto ballabili, overture, poemi sinfonici, marce sinfoniche, marce funebri, pastorali. La sua marcia funebre più caratteristica “Tristezze” è detta anche “la marcia del troccolante” poichè prevede l’utilizzo del caratteristico idiofono a percussione detto “troccola” in particolare uso durante la Settimana Santa di Taranto. Giacomo Lacerenza è stato per molti anni anche insegnante di tromba al Conservatorio Musicale di Foggia, trasferitosi poi a Roma è stato docente al Conservatorio Musicale “Santa Cecilia”.

 

 

Giacomo Lacerenza, inserì il suono della “troccola” nella marcia funebre “Tristezze”

La marcia funebre “Tristezze” di Giacomo Lacerenza, con l’elaborazione di Giuseppe Gregucci, è un’immancabile composizione eseguita durante la Processione dei Misteri legata al Venerdì Santo, in particolar modo nella città di Taranto.

Il Maestro Giuseppe Gregucci autore dell’elaborazione della marcia funebre “Tristezze” di Giacomo Lacerenza

L’organico strumentale prevede: flauto, oboe, clarinetto piccolo in mib, primi clarinetti (A e B), secondi clarinetti (A e B), clarinetto basso, sassofono soprano, sassofoni contralti, sassofono tenore, sassofono baritono, sassofono basso, corni, trombe, tromboni, flicorno sopranino, flicorni soprani, flicorno tenore, flicorni baritoni, flicorni bassi e contrabbassi, tamburo (scordato), grancassa e piatti. La vigorosa introduzione che coinvolge tutto l’organico bandistico immerge, immediatamente, l’ascoltatore in un’atmosfera di forte riflessione dell’animo: si assiste ad uno “straziante” dialogo tra strumenti dal colore scuro e quelli dal colore chiaro, innescando una forte tensione emotiva in cui Lacerenza annuncia la sua idea di sofferenza terrena che si evolverà nel suo progetto compositivo molto curato e accattivante.

uno spartito di “Tristezze”

La prima idea musicale viene affidata, inizialmente, ai primi clarinetti, ai secondi clarinetti e ai sassofoni contralti, ottenendo così una dimensione sonora in contrapposizione all’impatto dinamico iniziale, non meno avvolgente e meditativa. Appare evidente che l’intervento del clarinetto basso, del sassofono tenore, del flicorno tenore e dei flicorni baritoni fornisce un “controcanto” che si lega quasi spontaneamente con la melodia principale al fine di rendere un’unica direzione sonora. Il successivo utilizzo del flauto, dell’oboe, del clarinetto piccolo in mib, del sassofono soprano, delle trombe, del flicorno sopranino, dei flicorni soprani amplifica la linea principale del tema e con un “crescendo” si realizza una tensione melodica che rappresenta un fondamentale punto di forza di questa prima sezione compositiva. È necessario, poi, evidenziare il supporto ritmico-armonico, affidato al sassofono basso, al sassofono baritono e ai flicorni bassi e contrabbassi per i movimenti “forti” e ai corni e tromboni per i movimenti “deboli”: un indispensabile sostegno utile a reggere il poderoso intervento melodico. L’incedere del modo maggiore, più luce e più “tenerezza”, potrebbe conferire alla marcia una nuova dimensione sonora ma l’utilizzo degli elementi ritmico-melodici simili a quelli già presenti nella prima sezione non allontanano il carattere scuro e profondo presente sin dall’inizio.

Settimana Santa i riti e la musica più toccanti

In questo secondo segmento​ conducono, inizialmente, l’azione melodica, il flauto, il clarinetto piccolo in mib, i primi clarinetti, i secondi clarinetti e i sassofoni contralti; il clarinetto basso, il sassofono tenore, il flicorno tenore e i flicorni baritoni. Invece, partecipano ad un’attività di controcanto” poco invadente ma efficiente al fine di garantire una giusta profondità alla seconda idea tematica. Sino a questo punto il supporto ritmico-armonico è stato sempre assegnato agli strumenti, precedentemente evidenziati, proprio per rendere omogeneo tale sostegno sonoro e amalgamare al meglio le due entità melodiche. La parziale conclusione di questo supporto offre un’occasione per coinvolgere il resto dell’organico bandistico. L’azione melodica, questa volta, viene portata avanti, oltre dagli strumenti evidenziati in precedenza, dall’oboe, dal sassofono soprano, dalle trombe, dal flicorno sopranino e dai flicorni soprani. L’ascoltatore percepisce, così, un senso di “smarrimento”, senza tempo e senza luce, avallato dall’eco del clarinetto basso, del sassofono tenore, del flicorno tenore e dei flicorni baritoni. Il compositore trova tutta l’energia da far sprigionare in un risolutivo “salto di sesta” e rappresentare il suo urlo di dolore e di sofferenza di “Tristezze”. Nel momento in cui sono intervenuti trombe e flicorni chiari, si aggiungono anche le percussioni al fine di consolidare un aumento rilevante della dinamicità; è bene rilevare un momentaneo “cambio di passo” dei tromboni: abbandonano i suoni ribattuti e convergono in un “crescendo” con suoni lunghi utili a sostenere una crescita dinamica già evidenziata in precedenza. A tale scopo sono chiamati anche i sassofoni contralti che si aggiungono all’azione dei tromboni. La seconda melodia conclude in suo itinerario adagiandosi su un ritrovato e parziale senso di quiete. L’inquietante squillo delle trombe e dei tromboni riporta l’ascoltatore nell’atmosfera iniziale ma con un interessante particolare timbrico: il compositore si avvale della “troccola“, uno strumento tipico del venerdì santo pugliese e tarantino in particolare,

la “Troccola”, un idiofono a percussione diretta

nasce per sostituire il suono delle campane, interdetto subito dopo il canto del “Gloria” del Giovedì Santo e abilitato dal canto del “Gloria” del Sabato Santo. Tutto l’organico avvolge il suono della troccola e rende questo momento unico e indimenticabile: un segmento cromatico caratterizza questo breve episodio. Ne sono protagonisti l’oboe, il clarinetto piccolo in mib, i primi clarinetti B e i secondi clarinetti A, il sassofono soprano, il primo sassofono contralto, parte dei corni e i flicorni soprani, attraverso un “pedale” cioè un suono lungo per diverse battute, si sostiene così questo intenso disegno dinamico. Sono coinvolti il flauto, i primi clarinetti A, i secondi clarinetti B, il secondo sassofono contralto, gli altri corni non coinvolti nel cromatismo, il flicorno sopranino e il flicorno tenore; un simile intervento viene affidato anche al clarinetto basso, al sassofono tenore, al sassofono baritono, al sassofono basso, ai flicorni baritoni e ai flicorni bassi e contrabbassi con una “fioritura” iniziale del “pedale”. Tamburo e grancassa partecipano per amplificare la drammaticità dell’episodio. Raggiunto l’apice delle “tristezze”, l’organico si dispone per una spontanea e graduale quiete dopo la tempesta, in cui la melodia conclude il suo percorso e prepara l’ascoltatore per un nuovo e ultimo atto della composizione (Trio). Il successivo tappeto ritmico-armonico affidato ai secondi clarinetti, ai corni, ai tromboni e supportato dal clarinetto basso, dal sassofono tenore, dal sassofono basso, dal sassofono baritono, dai flicorni baritoni e dai flicorni bassi e contrabbassi, insieme con le percussioni, apre uno spiraglio di fiducia verso una ricerca melodica proiettata in una dimensione di positività del vivere quotidiano. Il salto di sesta discendente, affidato al flauto, al clarinetto piccolo in mib, ai primi clarinetti (A e B) delinea una nuova linea che viene sostenuta, successivamente e in fase di risposta, anche dall’oboe, dal sassofono soprano, dai sassofoni contralti, dal sassofono tenore, dalle trombe, dal flicorno sopranino, dai flicorni soprani, dal flicorno tenore e dai

flicorni baritoni. In questo modo, il compositore continua ad alimentare quel solco di tensione al fine di conferire al nuovo percorso sonoro una luminosità mai presentata nel brano ma, nello stesso tempo, intende conservare quella tinta scura sulla “linea perimetrale” del Trio. Proprio il nuovo squillo delle trombe amplificherà il colore scuro che sorreggerà il prossimo e ultimo segmento melodico. Lacerenza, quindi, coinvolge tutto l’organico bandistico per realizzare due “flussi sonori” contrapposti: melodia dal tono maggiore e strumentazione timbrica tratteggiata dalla già citata tinta scura. È il contrastato sentimentale del compositore che intende rilevare nelle molteplici emozioni della vita di ogni di ogni essere umano. La conclusione della marcia funebre, in cui ritorna il suono della troccola, spegne lentamente l’intenso coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore, protagonista​ assoluto di questo viaggio “tridimensionale” all’interno di un capolavoro sempre attuale e ricco di tanti spunti di riflessione.

                                                        Antonio Martino

 

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