Ecco un altro interessante appuntamento con la storia e la musica originale, a cura del compositore contemporaneo Biagio Putignano.
La produzione di musica originale per orchestra di fiati nel ‘900: Tema e Variazioni op. 43 (a) di Arnold Schönberg
Quando nel 1933 Arnold Schönberg (1874-1951) arrivò negli Stati Uniti, obbligato dalle leggi razziali entrate in vigore nella Germania nazista, il cui regime etichettò Schonberg come compositore ebreo autore di musica degenerata e ne proibì la pubblicazione delle opere,
era un compositore famoso per aver inventato un sistema compositivo, la “dodecafonia”, che permetteva di operare al di fuori della tonalità romantica con coerenza e logica. Con questo sistema, Schönberg scrisse molte opere che oggi sono considerate dei capisaldi nella storia della musica occidentale contemporanea. Tra le varie opere atonali e dodecafoniche egli compose nel 1928, cioè prima del suo esilio americano, un tema e variazioni per orchestra, classificato con il numero d’opera 31.
Composizione in completo stile dodecafonico, che imponeva all’autore importanti e coraggiose decisioni di natura estetico-filosofica. Una volta arrivato negli Stati Uniti, fu molto richiesto come insegnante e come compositore. Una specifica richiesta venne anche da un suo caro amico, anch’egli compositore e presidente della Casa Editrice Schirmer Music, Carl Engel (1883-1944):
richiese insistentemente a Schönberg una composizione per banda. Egli, dopo qualche titubanza iniziale, alla fine cedette confezionando un lavoro, il Tema e Variazioni op. 43a, che però non rispecchiava lo stile per cui era così famoso negli Usa: ovvero, non era una composizione dodecafonica, ma tonale, in sol minore, seppur allargato. In questo modo l’autore spostava la sperimentazione su un altro ambito, quello del virtuosismo contrappuntistico, poiché in quel particolare momento una tale scelta avrebbe assunto un significato pratico e artistico. In una lettera del 1944 a Fritz Reiner, direttore d’orchestra di origine ungherese
Schönberg affermava: -<Questa non è una delle mie opere principali, come tutti possono vedere, perché non è una composizione con i dodici suoni. È una di quelle composizioni che si scrive per assaporare il proprio virtuosismo e, d’altra parte, per dare a un certo gruppo di amanti della musica, ecco le band, qualcosa di meglio da suonare. Vi assicuro – aggiunse il compositore – credo di poterlo dimostrare tecnicamente: questo pezzo è un capolavoro>-. In quest’opera la melodia delle prime ventuno battute si dipana come collante principale delle sette virtuosistiche variazioni contrappuntistiche per esaltare ogni sezione del pezzo.
Schönberg escogita uno stratagemma di natura gestalitica, ovvero pone un elemento secondario sullo sfondo che man mano, variazione dopo variazione, si intreccia col tema fino a sovrastarlo del tutto, per cui sarà necessario l’arrivo del “Moderato” finale per ripristinare l’ordine di priorità, e dare al tema la luminosità iniziale. Schönberg gioca sui punti di forza coloristici messi a sua disposizione dalla ricchezza timbrica della banda di fiati, tanto da elaborare una struttura formale di natura contrappuntistica, che proietta l’ascoltatore in una selva di sezioni in forma di adagio, di valzer, di canone rigoroso e di un fugato prima dell’ultima variazione, per giungere nel finale ad un crescendo poderoso. Non inganni quel sol minore dell’armatura in chiave: Schönberg se ne libera con raffinata perizia per affermare la sua padronanza sulle tecniche contrappuntistiche, precedentemente sviluppate nelle sue composizioni dodecafoniche che impiegavano la forma della variazione. La chiarezza con cui sono delineate tutte le sezioni del pezzo dona all’intera composizione una specifica struttura formale. Addirittura nel finale qualcuno vuole anche intravedere attinenze con la Rapsodia in blu di George Gershwin.
Di questa composizione, l’autore realizzò una versione per orchestra sinfonica, caso abbastanza curioso che inverte l’abituale successione compositiva che in genere vorrebbe far derivare la versione per banda dall’originale orchestrale. Come se non bastasse, la prima esecuzione del brano per banda avvenne nel 1946 a New York, Op.43a con la Goldman Band, diretta da Richard Franko Goldman (1910-1980),
ovvero due anni dopo la prima mondiale della trascrizione per orchestra avvenuta, nel 1944, a Boston, con la direzione di Sergej Koussevitzky (1874-1951) a capo della Boston Symphony Orchestra.
Alcune considerazioni a margine: questa partitura rappresenta lo specchio di una differente concezione bandistica, che riporta la compagine dei fiati all’interno di una sala da concerto. Non è una considerazione marginale, perché le composizioni concepite per essere eseguite all’aperto contengono nella loro fisionomia, le giuste caratteristiche affinché il suono non sia infagottato dall’architettura all’interno della quale avviene l’esecuzione. Le parti orchestrali di una composizione così concepita possono contenere tutti quegli accorgimenti, raddoppio delle parti, rinforzi ritmici, atti artatamente a non farne disperdere le linee di forza in un’esecuzione all’aperto. Una composizione pensata per un auditorium, come è il Tema e Variazione op. 41a di Schönberg , invece utilizza proprio l’architettura come un ulteriore strumento musicale a propria disposizione, rendendo così la scrittura delle singole parti linda ed essenziale, avendo consapevolezza che ogni suono, ogni sfumatura non andrà smarrita in fase esecutiva.
Biagio Putignano