Nastri perduti, riscoperti, valorizzati e storicizzati. Una ricerca minuziosa ed impegnativa delle registrazioni di esecuzioni musicali da parte di musicisti del passato ma anche grandi bande musicali, che hanno fatto la storia, specialmente al Sud, della musica. Tanti personaggi, esecuzioni in piazza durante le feste patronali o in teatri e altri “contenitori” musicali che fanno rivivere momenti indimenticabili ed originali di grande musica. Un lavoro eccezionale, insomma, quello di Livio Minafra musicista, pianista, figlio d’arte, legato in modo particolare alla banda. Lo abbiamo incontrato per parlare con lui di questo interessante e storico lavoro che è costato lunghi mesi di ricerca tra gli appassionati dei vari generi musicali, comitati feste di Puglia per il settore bandistico, e quanti altri hanno potuto testimoniare un mondo musicale che in passato ha entusiasmato ed infiammato folle numerose di appassionati. Un lavoro di ricerca che testimonia anche alle generazioni future le radici della musica.
Livio Minafra è un musicista 41enne di Ruvo Di Puglia (Bari). Compositore e pianista, ha vinto il prestigioso premio “Musicista Dell’Anno” nel 2008 e “Miglior Disco” nel 2005 e nel 2011, assegnatogli nella classifica “Top Jazz”, il pluridecennale referendum indetto dalla rivista “Musica Jazz” che premia ogni anno le eccellenze musicali italiane e internazionali. Livio Minafra suona soprattutto in “piano solo”, che più che un tradizionale concerto di pianoforte, è un omaggio all’arte dell’improvvisazione, ed ha al suo attivo numerose e importanti partecipazioni come pianista, compositore, arrangiatore e fisarmonicista. Si è diplomato in Pianoforte, Musica Jazz e Strumentazione per Banda presso il Conservatorio Musicale “Niccolò Piccinni” di Bari ed in Composizione presso il Conservatorio “Egidio Romualdo Duni” di Matera. Ha pubblicato, oltre che incisioni, anche volumi e lavori dedicati al cinema, componendo colonne sonore, in questo campo, ha scritto le musiche del film “Ameluk” di Mimmo Mancini
e di “Essere Gigione” di Valerio Vestoso. Ha prodotto il docufilm “Iazz Bann” sul dopoguerra jazzistico in Puglia, regia di Lorenzo Zitoli e Salvatore Magrone.
Allo stesso tempo, con la “Angapp Music”, ha curato la riscoperta di musicisti del passato con una collana di cd denominata “Lost Tapes” che recupera registrazioni dal dopoguerra agli anni ’90 anche di complessi bandistici, direttori ed esecutori di concerti. Sue le riscoperte di Enzo Lorusso, Santino Di Rella, Nunzio Iurilli, Mimì Laganara, Luciano Zotti, Basilio Giandonato, Alfredo D’Ascoli, Gianni Quin Jolly, Dominic ed Enzo Sgarra, Menghino Saulle, Filippo Pellicani, Franco Sette, Vincenzo Ciliberti, Antonio Petrone.
Livio Minafra ha collaborato con innumerevoli artisti di tutto il mondo. Ha inciso lavori per 9 editrici sia italiane che straniere. Ha suonato in tutti i continenti ed è docente di Pianoforte Jazz al Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari per il quale ha anche scritto il testo “120 Finestre sull’Improvvisazione. Teoria e pratica dell’improvvisazione libera e idiomatica”. Il suo interesse verso il mondo della banda è supportato da una meticolosa ricerca di personaggi che hanno fatto grande la storia delle bande pugliesi. Un viaggio culturale e sonoro in cui emerge il potenziale umano di strumentisti del secolo scorso e leggendari direttori di banda. “Lost Tapes” è un’idea originale per la storia della musica. Livio Minafra ci spiega così l’origine del percorso che lo ha portato alla riscoperta di tanti personaggi e delle loro esecuzioni:
-<Nell’ottobre del 2017 – sottolinea Livio Minafra – ho sognato Pinuccio De Leo, un noto musicista di musica leggera di Ruvo, che mi chiedeva di fare presto. 10 anni prima Franco Chiarulli, un gommista, mi aveva fatto ascoltare in una vecchia Fiat Uno, una musicassetta che mi aveva lasciato molto sorpreso. Quella che sembrava una Big Band americana alla Duke Ellington altro non era che “Mimì Laganara e la sua Orchestra” formazione musicale datata 1952, a Bisceglie, con solisti jazz di Ruvo di Puglia come Enzo Lorusso e Filippo Pellicani ai sax e Menghino Saulle alla tromba. Il sogno mi chiedeva,
10 anni dopo, di mettermi a lavoro e far presto. Oggi che siamo nel 2023 capisco perché. Molti di quei protagonisti non ci sono più. Era già difficile trovarli in vita, e quei pochi stavano diminuendo. In questi ultimi anni, sono scomparsi, oltre allo stesso De Leo, Peppino Principe, Dino Blasi, Mike Pellegrini, Vincenzo Ciliberti. Nel 2017 è nato il docufilm “Iazz Bann” sul jazz nel dopoguerra a Ruvo, ma è nato anche “Lost Tapes” assieme alla “Angapp Music” un’etichetta discografica indipendente. Perciò si è realizzata l’opportunità di creare dei cd dai nastri e dalle bobine reperiti. Selezionati, digitalizzati e pubblicati a mie spese, i lavori hanno cominciato a costituire un mosaico della scena musicale pugliese nel dopoguerra,
patrimonio avvincente ma anche vergognosamente dimenticato. Sono rinati – prosegue Minafra – e sono gratuitamente ascoltabili su piattaforma digitale i jazzisti Enzo Lorusso, Santino Di Rella, Mimì Laganara, Nunzio Iurilli, Luciano Zotti, Filippo Pellicani, Menghino Saulle, Santino Tedone e i solisti di banda Basilio Giandonato, Vincenzo Ciliberti, Antonio Petrone, Quirino Maiani, i Maestri Alfredo D’Ascoli e Antonio Reino, i musicisti di musica leggera Franco Sette, Enzo e Dominic Sgarra, Gianni Quin Jolly, Armandino Zingone. Di costoro non c’era poco, c’era nulla. La loro morte è oggi solo fisica ma non più artistica. Oltre 17 cd, per la banda Salvatore Saetta, Salvatore Serra, Pinuccio Ferrara, Marino e Mike Pellegrini e tanti altri, erano “scandalosamente” caduti in oblio >-.
Il progetto “Lost Tapes”, nastri perduti, “la storia dei nostri concerti bandistici dal 1950 al 2000” illumina musicisti e bande che hanno reso famosa la Puglia. Livio Minafra, a questo punto, ci illustra la minuziosa ricerca effettuata.
-<Da anni – spiega Minafra – mi occupo di questi recuperi. Nel 2020 volevo ridar voce a Basilio Giandonato perché di lui, a Ruvo Di Puglia, si parlava solo in termini didattici e compositivi. Sapevo però che era stato un grande solista e volevo, di fatto, ridargli la voce. Una sfida complessa, giacchè si era ritirato dalle scene nel 1969. Alla presentazione del lavoro di ricerca effetuato chiamai Vincenzo Ciliberti, noto flicornino nelle bande pugliesi, come testimone dell’epoca di Giandonato, e giacchè Giandonato era scomparso già dalla metà degli anni ’80, Ciliberti mi fece comprendere che avrebbe apprezzato. Nel frattempo ho conosciuto il musicologo Pierfrancesco Galati e da lì è nata una sinergia che ha allargato l’attenzione per le bande.
Di fatto stiamo lavorando, pian pianino, per ricostruire il mosaico dei maggiori solisti di banda delle nostre parti. Ricerchiamo materiale, registrazioni, foto, locandine e quant’altro al fine di rendere giusto merito a questi eccellenti virtuosi protagonisti assoluti nei brani d’opera con le fantasie musicali. Oltre ai nomi citati stiamo lavorando anche su Angelo D’Amore, Francesco Santoro e Antonio Iannantuoni,
grandi nomi che non meritano l’oblio. Sono stati grandi, sempre richiesti dal pubblico e dai comitati festa, amati, acclamati nelle piazze ed è assurdo che se di Beniamino Gigli o Tito Schipa abbiamo tanto da ascoltare, di costoro non ci sia nulla. Un’ingiustizia, insomma. Oggi possiamo dire – conclude Minafra – che queste storie, queste foto, questi suoni, stanno riemergendo. E più curiamo le radici e più potremo pensare alle sorti della banda e alla sua proiezione futura>-.
È evidente che i tempi dei Giandonato, D’Amore, Ciliberti, Santoro e tanti altri non possono tornare nè tantomeno si può pensare di riproporre tali tempi, poiché sarebbe anacronistico: società e mondo bandistico si sono modificati in maniera irreversibile. È, allora necessario trovare nuovi contesti sociali e culturali, affinché con un serio dialogo si possa realizzare una nuova filiera dell’ascolto. Ecco, perciò, su questo interessante argomento, il punto di vista di Livio Minafra.
-<Così come oggi non ci vergogniamo più dei luoghi antichi – dice Livio Minafra – del cibo, del dialetto e della musica popolare, anche la banda rientra in questa scoperta. Cominciamo dall’organico. Ve l’immaginate il Salento con vitigni francesi come Cabernet e Merlot? , invece oggi ci vantiamo il Primitivo, il Negramaro, la Malvasia Nera, il Susumaniello. Ebbene, difendere l’organico vesselliano è la stessa cosa. Prendere coscienza della propria unicità. Passare alla Symphonic Band è come comprare i semi di pomodoro dalla multinazionale Monsanto, quando noi abbiamo le antiche semenze, tipiche e distintive. Dunque per prima cosa vanno riscoperti e promossi i vecchi strumenti: tutti i flicorni, clarinetto in Lab, tromba bassa, etc. Allo stesso tempo si può avere la capacità di mescolare l’organico della banda con nuove realtà come la stessa Symphonic Band o nuovi strumenti innovativi. Purchè sia chiara la tradizione e ci sia libertà di innovazione. E passiamo al repertorio. Ernesto e Gennaro Abbate, i compositori e trascrittori più eclatanti, quando creavano le fantasie d’opera, trattavano sia opere storiche, Lucia Di Lammermoor, la trilogia verdiana, Rossini, che una certa attualità: Mascagni, Leoncavallo, Giordano, Puccini. Allo stesso tempo scrivevano marce sinfoniche, allegre, caratteristiche, funebri. Dunque erano al passo coi tempi. Quando Antonio D’Elia adattò per banda “I Pini di Roma”, l’autore Ottorino Respighi era in vita e lo autorizzò persino. Quindi la banda deve essere un territorio sia di presidio di ciò che siamo stati, marce, fantasie, etc., che anche una finestra sull’innovazione incontrando il jazz , lo diceva il grande Maestro Nicola Centofanti nell’81,
la musica popolare, la musica elettronica o comunque creando repertori dove la banda possa ancora stupire. In questo senso l’esempio di mio padre Pino Minafra, già dal 1995, è una delle straordinarie possibilità intercorse. Una banda che ha suonato in tutta Europa spaziando dalle marce funebri agli estratti d’opera fino alle novità compositive di Willem Breuker, Bruno Tommaso, Michel Godard, Dario Cecchini, Gianluigi Trovesi ed anche composizioni mie e di mio padre stesso. Simbolicamente nella seconda parte dei concerti, infatti, la banda si leva la giacca e cambia pelle. E lo testimoniano i cd realizzati per la casa discografica “Enja Records” come pure il recente concerto a Conversano (Bari) in occasione della presentazione della Legge Regionale sulle bande musicali in cui Riccardo Muti ha presenziato al concerto di “Pino Minafra & La Banda”. Tutti si sono intestati tutto in quelle giornate e invece Muti era lì per l’amicizia decennale di mio padre con Roberto Masotti e Silvia Lelli, fotografa ufficiale del Maestro. Ed anche la Legge nasce da un convegno che mio padre ha organizzato fin dal 2013 durante il Talos Festival e che solo nel 2019 è stato raccolto dalla politica nelle figure di Aldo Patruno e Donato Metallo. Dunque la banda passa per l’audacia compositiva ma anche il sostegno delle istituzioni. Recentemente la Regione Puglia ha intenzione di valorizzare maggiormente le feste patronali. Se questo vuol dire aiutarle finanziariamente – conclude Livio Minafra – a patto che non chiamino il solito cantante di grido, ben venga. La banda si salva col contributo di tutti: salviamo la banda! >-.