Fra chi ci segue costantemente, che ringraziamo per la sensibilità dimostrata, ci sono sicuramente tanti “addetti ai lavori”, appassionati di musica e in particolare di bande musicali. Un nome che non ha bisogno di presentazioni è quello di Fulvio Creux, che spesso ha commentato gli articoli pubblicati dal nostro magazine. Abbiamo voluto chiedere al Maestro Fulvio Creux, perciò, il suo punto di vista sull’universo delle bande, considerati la vasta conoscenza e l’esperienza alla guida di bande militari e non.
Maestro Creux qual’è il ruolo e l’importanza del legame Conser vatori-bande musicali?
-<Quand’ero giovane c’era un certo ostracismo degli insegnanti di Conservatorio: -Se suoni in banda ti rovini-, dicevano. Era motivato questo ostracismo? Dipendeva dalle situazioni: se un ragazzo doveva cercare il bel suono, l’intonazione, le dinamiche e poi si trovava in una banda “chiassosa”, era meglio non frequentarla. Altrettanto sbagliato sarebbe stato non frequentarla se in essa si fossero ricercati quei parametri. A fianco di questi atteggiamenti, però, almeno a Roma, molti insegnanti spronavano gli allievi per introdurli nelle bande Ministeriali. Già questi due esempi danno il metro di come sia difficile parlare univocamente nel settore bandistico. Quando si parla di banda e Conservatorio, non si può prescindere da un dato di fatto: la più importante istituzione didattica francese, il Conservatorio di Parigi, nacque dalla scuola della banda della Guardia Nazionale in cui operarono molti tra i principali musicisti francesi dell’epoca: Francois Joseph Gossec, Etienne Henry Mèhul, Luigi Cherubini, Jean Xavier Lefevre,
che diventarono poi docenti o direttori del Conservatoire. Il legame banda e Conservatorio è quindi assolutamente inscindibile. Se guardiamo alla situazione attuale, ciò si pone con diversa luce, specialmente dopo la riforma è proprio dalle bande che le classi di fiati trovano “rifornimento” di allievi. Anche oggi resta valido il distinguo sull’opportunità di suonare in banda: tutto deve essere fatto nell’interesse del giovane, per cui se frequenta un ambiente diseducativo è meglio se lascia perdere. Diversamente, è bene che suoni in banda. Nel rapporto in esame si inserisce oggi un discorso nuovo, presente da decenni in alcune città, Trento al nord, Messina al sud, per esempio, quello delle orchestre di fiati dei Conservatori, che costituiscono una ulteriore opportunità educativa per un giovane, specialmente se a dirigerle ci sono persone preparate e non insegnanti non titolati messi a riempire le ore>-.
Come ritiene l’insegnamento della strumentazione per banda nei Conservatori?
-<Le cattedre di Strumentazione appartenevano alla Scuola di Composizione e davano una preparazione musicale limitata ai soli aspetti compositivi. Era del tutto assente l’aspetto pratico, legato alla conoscenza delle sonorità, alla direzione di un complesso bandistico. Assente nei programmi di studio, ma anche in molti insegnanti che, ieri come oggi , non hanno mai visto una banda dal vivo. Se aggiungiamo che non esisteva internet e che i cd erano rari, si potrà capire come, nel migliore dei casi, il tutto desse luogo ad una conoscenza teorica della materia. Oggi la situazione è diversa per quanto riguarda le possibilità di conoscenza (cd, internet, Corsi di Direzione), ma è diversa anche per i programmi del Corso che ha assurdamente tolto il nome banda, e per le materie collaterali. Diversa in positivo? Non lo so. Mentre col vecchio ordinamento tutti studiavano lo stesso programma e facevano un esame con clausura, oggi i percorsi sono diversi da istituto a istituto. Le prove per il titolo finale non sono univoche e sono realizzate senza clausura. Questo non vuol dire, ovviamente, che non possano venir fuori persone preparate. Di positivo va detto che oggi, oltre agli studi compositivi, limitati rispetto al passato in materie quali Armonia, Contrappunto e Fuga, si è affiancato il Corso di Direzione, che completa un aspetto fondamentale>-.
Parliamo di repertorio. Quale futuro per le bande?
-<La letteratura per banda nasce in Francia sul finire del ‘700 con un repertorio “originale”. Solo più tardi vennero inserite trascrizioni tratte specialmente dalla musica lirica. in Francia troviamo trascrizioni di autori francesi, in Italia di italiani e così via, con possibili slittamenti di nazionalità. Le bande austroungariche di stanza nel Regno Lombardo- Veneto, per esempio, suonavano spesso musiche di autori italiani, tra cui fantasie con solisti. La presenza di trascrizioni fu molto in voga anche in America. La differenza con l’Italia sta nel fatto che il fenomeno della “trascrizione”, nel mondo, è poi stato quasi abbandonato già dai primi decenni del ‘900. Da noi, per vedere un mutamento e solo in alcune regioni, si son dovuti aspettare gli anni ’90. Il “cambiamento”, per molti, troppi!, è avvenuto solo sulla “tipologia delle trascrizioni”. Mi spiego meglio: da sempre le bande hanno suonato la “musica in voga”, cioè la lirica. Molti, credendo di rinnovarsi, hanno scelto la nuova “musica in voga”, quindi la musica leggera, magari con influenze jazz o swing e la musica da film. Di fatto, però, non è cambiato nulla: trascrizioni erano prima e trascrizioni sono dopo, ma con un generale decadimento dei contenuti. Ora, non v’è dubbio che l’identità si raggiunge non con le “copie”, ma con gli originali. Ergo, solo con la musica originale la banda si può porre all’attenzione in maniera paritetica ad altre formazioni come l’orchestra sinfonica. La domanda su quale futuro per le bande, se legata al repertorio va collocata geograficamente, giacché oggi è normale in tutta Italia, che le bande suonino musica originale. Presumo quindi che ci si voglia riferire alla situazione delle bande da giro. Qui la questione è complessa perché questi gruppi, per la loro natura commerciale, sono legati da un lato alla committenza dei comitati feste, dall’altro all’ambiente nel quale si esprimono. Se sul primo aspetto è probabile che la committenza sia più disponibile al nuovo di ciò che qualcuno vuol far credere, “l’ambiente” chiassoso e disattento nel quale i concerti bandistici spesso si esprimono è il primo ostacolo per un messaggio nuovo>-.
Lei ha diretto sia bande militari che civili. Quali ha preferito?
-<Quando son partito dalla Val d’Aosta, Roma era il centro dell’attività bandistica “professionale” italiana e vi risiedevano i complessi più autorevoli. Oggi, se uno vuole ascoltare qualcosa di interessante, lo potrà fare in molti posti, ma a Roma…aspetterebbe invano. Le bande centrali delle Forze Armate sono sì formate da elementi di prim’ordine, ma l’organizzazione ministeriale le rende spesso delle “Ferrari” chiuse nel garage. Quando escono, troppo spesso i repertori sono sempre più lontani da quelli per banda. Noto che spesso le impropriamente definite Fanfare hanno repertori più interessanti rispetto alle bande centrali. Cito ad esempio l’ultimo concerto della Fanfara dell’Aeronautica Militare al Conservatorio di Bari, svoltosi per di più in collaborazione con gli allievi dell’Istituto. Personalmente ho avuto grandi soddisfazioni sia con le bande militari sia con quelle civili. La differenza consiste soprattutto nell’approccio e nel viaggio. In una banda militare si fa un lavoro pieno di insidie, può arrivare un servizio improvviso, una convocazione al Quirinale prima di un Concerto, può mancare qualcuno all’ultimo momento senza possibilità di sostituzione. Insidie che pesano sulle spalle del Maestro. In una banda civile il Maestro deve pensare solo a dirigere>-.
Le piacerebbe tornare a dirigere una banda? se si con quali presupposti e a quali composizioni è legato?
-<Continuo a dirigere, come ospite, non una, ma più bande. Se dovessi pensare alla direzione “stabile” di un gruppo, potrei valutare l’ipotesi, ma solo se potessi svolgere un’attività culturale proficua. Sono molto legato alla Grande Sinfonia funebre e trionfale di Berlioz. Per le opere più attuali sono stato molto legato, quando era in pieno fulgore il “cambiamento” a livello nazionale, a Diagram di André Waignein: melodicità, effetti “contemporanei”, sonorità vergini in un cocktail di perfetto equilibrio>-.
Quali prospettive intravede per la banda e quali consigli rivolge ai giovani musicisti?
-<Dare una risposta univoca è difficile. Banda amatoriale, semiprofessionale o Ministeriale, banda da giro, sono realtà totalmente diverse e legate a diversi fattori, gestionali ed economici. Perciò mi limito ad un auspicio: che quante più persone possibile si rendano conto delle potenzialità educative, musicali, di repertorio, di funzioni, della banda. Scopriranno un mondo unico, incredibilmente ricco, non inferiore a nessun altro: la vera “Orchestra del 2000”, per citare Lorenzo Della Fonte. Il mio consiglio ai giovani è che sappiano discernere tra la verità e il fumo che, particolarmente in questo settore, troppi propongono come tradizione. Da ciò non nasceranno le pur auspicate opportunità di lavoro: nascerà, almeno, la stima di se stessi nel sentirsi, con motivato orgoglio, membri una banda musicale>.
Mimmo Quarta
Fulvio Creux, è nato nel 1956 a Point-Saint-Martin (Aosta). Si è diplomato al Conservatorio di Torino e Milano in strumentazione per banda, musica corale e direzione di coro, composizione, direzione d’orchestra. Si è perfezionato ai Wiener Mastercourses di Vienna con Charles Mackerras, direttore e compositore australiano di origine statunitense. Creux ha diretto oltre 60 concerti con varie orchestre. Nel 1982 ha vinto il concorso nazionale per direttore della banda della Guardia di Finanza e ha diretto oltre 200 concerti, effettuato registrazioni discografiche e radiotelevisive. Dal 1982 si è dedicato all’attività didattica presso il Conservatorio di Avellino, l’Accademia Musicale di Pescara e la Federazione Bandistica Ticinese di Lugano in Svizzera. Ha fatto parte di giurie dei più significativi concorsi musicali, ha tenuto conferenze in occasione di seminari. Come direttore ospite ha diretto alcuni complessi italiani. Al suo attivo ha numerose composizioni, trascrizioni, revisioni, opere teoriche e scritti pubblicati su riviste e quotidiani. Nel 1995 ha vinto il concorso nazionale per direttore della banda dell’Esercito Italiano che ha diretto fino al 2013.