IL CANTO DEGLI ITALIANI, FRATELLI D’ITALIA, NON GIUSTAMENTE VALORIZZATO IL LAVORO DEL MUSICISTA COMPOSITORE MICHELE NOVARO. Il pensiero in proposito del M° Fulvio Creux

by Mimmo

L’inno di Mameli-Novaro in un’antica stampa

Su “Il Canto Degli Italiani” sarebbe bene rimarcare alcuni aspetti non sufficientemente sottolineati. Primo tra questi, il fatto che un inno è principalmente costituito dalla musica e non dal testo. Ora, la definizione “Inno di Mameli” ha certamente contribuito a spostare l’interesse verso il testo, oscurando il vero artefice del successo del testo mameliano: Michele Novaro. Goffredo Mameli, infatti, ha semplicemente scritto, in un’epoca di fermenti patriottici, una poesia.

Goffredo Mameli poeta e patriota

Fu Michele Novaro a renderla nota, musicandola. Fu lui, che intitolandolo  “Il canto degli italiani” lo definì “Inno Nazionale”.

ritratto del M° Michele Novaro compositore della musica del Canto degli Italiani

Attenti, però, perchè questa definizione non ha nulla a che vedere col significato che noi le diamo oggi, ma si riferiva unicamente alla finalità del lavoro, cioè esaltare, come avveniva in altre decine di composizioni coeve, l’auspicio dell’unità d’Italia. Questo brano, al di fuori di ogni possibilità di smentita, rappresenta la vera colonna sonora della storia d’Italia. L’equivoco di volerne soggiogare la musica al testo si è palesato anche in questi ultimi anni di riscoperta: quanti superficiali dell’ultimo minuto, purtroppo anche musicisti, hanno infatti creduto di non dover cantare il “sì!” conclusivo per il semplice fatto che Mameli,

Goffredo Mameli in un ritratto

nel suo testo, non lo aveva scritto?. Quello che si esegue è un pezzo di musica, e quindi il “si!”, previsto per altro con precisa motivazione, deve essere cantato. Chi invece, nella sua comoda poltrona, leggerà il testo poetico, non leggerà il “sì” perché non c’è scritto. Semplice, ma non per tutti, purtroppo!. Tra gli aspetti ancora da diffondere c’è poi quello della corretta esecuzione musicale, o meglio del corretto testo da assumere come riferimento.

un’altra immagine di Michele Novaro

il testo in una antica stampa

Il primo manoscritto originale è conservato a Genova presso “Casa Mazzini” Museo del Risorgimento del Comune genovese,

“Casa Mazzini” di Genova

mentre al Museo del Risorgimento di Torino, corredato da un esaustivo libro a cura del Conservatorio Muscale di Torino è conservato un secondo manoscritto originale che Goffredo Mameli inviò con data 10 novembre 1847 al M° Michele Novaro affinchè lo musicasse.

il museo nazionale del Risorgimento di Torino

frontespizio originale

Spartito originale

Così come nelle prime edizioni a stampa dell’inno, sono evidenti alcuni aspetti inequivocabili: A) Battute iniziali: note all’unisono, veri e propri richiami di tromba, e non una informe mescolanza di squilli-note ribattute e armonie, come la versione generalmente eseguita ci propina. B) Due battute di attesa prima del tema principale e non una. Solo l’ignoranza, la cocciutaggine o la spavalda ritrosia, specie di qualche cariatide ministeriale, portano a non considerare ciò che Novaro ha scritto. Queste due battute, che sono l’elemento più evidente anche ai non addetti ai lavori, sono da sempre state presenti (si veda Davide Delle Cese, si ascolti Franco Ferrara-Del Monaco) e la loro motivazione è già stata spiegata. C) All’arrivo del Tema non c’è quell’insensato controcanto dei baritonali (re fa sib fa/fa sib re sib): quando mai il controcanto inizia prima del tema principale? D) La transizione (sib sib si do do# re Mib) non è armonizzata, ma all’unisono. Ho parlato della “versione generalmente eseguita” e di tutte le sue difformità.
Essa è opera di Alessandro Vessella.

Alessandro Vessella

Altre trascrizioni, tipo quelle di Pucci, Vidale o più recenti anche per orchestra, sono derivate da questa. Ricordiamo che quello che Vessella similmente arrangiò, modificandolo, era un celebre canto patriottico, ma che non era, ai tempi, l’inno nazionale italiano.
Possiamo perdonare al Vessella i suoi arbitri, meno possiamo farlo nei confronti di chi si ostina nell’errore.
Attenzione, però: un conto è lo spartito-arrangiamento da utilizzare, sia esso per pianoforte, banda, orchestra, un conto, invece, come lo si suona: note giuste, carattere, interpretazione; tutti aspetti importanti e spesso trascurati.
Uno dei freni alla giusta percezione di quello che è diventato il nostro Inno è proprio questo: troppo spesso è suonato male, malissimo. Si va dalle bande militari, che lo rovinano a colpi di gran cassa, alle esecuzioni in cassa armonica, alla consegna dell’omaggio floreale, dove spesso diventa una parodia semicomica. Non meglio succede negli stadi, dove un celebre solista è sempre pronto alla sua personale, patetica, storpiatura di turno. Certo, l’esecuzione di un Inno Nazionale non sempre può avvenire nelle situazioni ottimali per la sua corretta diffusione. L’ideale sarebbe, almeno in quelle rare occasioni in cui è possibile farlo correttamente, non sciupare l’opportunità, come purtroppo è avvenuto anche durante l’ultima occasione, alla parata militare del 2 giugno scorso.

Fulvio Creux

 

Una parafrasi della prima strofa dell’inno

un’ultima immagne di Goffredo Mameli

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