“Perduta” è una marcia funebre composta da Raffaele Caravaglios (Castelvetrano (Trapani), 28 dicembre 1864-Napoli, 29 novembre 1941) nel 1938, molta suggestiva e coinvolgente soprattutto per i riti del venerdì Santo. Caravaglios fu Maestro di violino, di tromba e direttore di banda. Nel 1856 il nonno che pure si chiamava Raffaele, era compositore per banda e orchestra, fu chiamato a Castelvetrano per supplire un Maestro e in seguito fu nominato direttore della banda musicale di Castelvetrano.
Il piccolo Raffaele seguendo la tradizione di famiglia, era musicista anche il padre Francesco, Maestro di violino e tromba, studiò subito musica e già da bambino teneva dei concerti accompagnato dal padre in diversi paesi della Sicilia. A 14 anni divenne orfano e fu ammesso al Real Collegio di Musica di Palermo, dove studiò e si diplomò in violino e in composizione a soli 18 anni. A Napoli insegnò strumentazione presso il conservatorio San Pietro a Majella e presso la Scuola Musicale del Real Albergo dei Poveri. Fu direttore del Liceo Musicale “Giuseppe Verdi” e presidente onorario dell’Istituto Musicale “Riccardo Wagner”. Nel 1922, in un concerto a Roma, diresse contemporaneamente quattro bande della capitale.
“Perduta” è una composizione che offre diversi spunti evocativi, utili ad alimentare quell’intensa atmosfera necessaria per vivere meglio i momenti unici che può donare in quel particolare giorno della settimana Santa. L’introduzione, affidata a tutto l’organico bandistico, conduce immediatamente il fedele-ascoltatore nel giusto clima. Un contributo particolare viene offerto dagli energici suoni gravi del sassofono baritono, sassofono basso, flicorno baritono, flicorno basso e flicorno contrabbasso. Una successiva e breve azione ritmico-melodica tranquillizza la fase iniziale e la conduce verso la prima idea tematica. Tale melodia è anticipata, opportunamente, da un “ribattuto vellutato” tappetto ritmico-melodico affidato ai corni e ai tromboni e supportato dai flicorni bassi e dai flicorni contrabbassi.
La tranquilla melodia conduce così l’ascoltatore in un’atmosfera sonora molto controllata e quasi priva di luce, nonostante anche la sottolineatura del flicorno soprano e un minuzioso e misurato intervento delle trombe. Una maggiore luminosità giunge subito dopo. Si tratta di un parziale secondo momento melodico, legato al primo, più articolato e meno statico, in cui tutto l’organico bandistico è coinvolto (ad eccezione delle percussioni): l’ascoltatore si sente, così, avvolto in questa ricchezza sonora ricca di picchi luminosi e dinamica accurata. I lunghi chiaroscuri indicano la conclusione della prima parte relativa alla composizione. Il cambio di colore indica una radicale trasformazione del percorso ideato da Caravaglios.
La seconda melodia, caratterizzata da suoni ribattuti, illumina finalmente il percorso del compositore il quale ha sapientemente coinvolto tutte le sezioni della banda. È un momento di ampio respiro, una freschezza melodica in cui traspare la sensibilità del compositore. Ciò permette all’ascoltatore di ritrovare un attimo di serenità.
È un segmento temporale, molto breve, in cui il vissuto di ognuno di noi ritrova l’unicità di sé stesso, un senso di amabilità verso sé e soprattutto verso gli altri. Ma dura poco! L’incedere di un colore scuro e la riduzione di quella luminosa fragranza melodica riporta l’ascoltatore alla vita quotidiana.
Ne danno conferma i corni e i tromboni i quali ripropongono, in maniera variata, il “ribattuto vellutato”, evidenziato all’inizio della composizione. L’intenso dialogo tra gli strumenti dal colore chiaro e gli strumenti dal colore scuro annuncia l’epilogo della marcia. Un brano, pregevole e suggestivo, da eseguire e apprezzare, magari, lungo gli itinerari religiosi del prossimo venerdì Santo.
Antonio Martino